Il mondo accademico incontra il popolo dei contadini

27 Oct 2006 | Italian

Nell’ambito della manifestazione Terra Madre, si è svolta oggi alle 10.30, presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università degli Studi di Torino, l’Assemblea delle Università di Terra Madre 2006, organizzata in collaborazione con la Provincia di Torino e l’Università di Torino: 400 docenti delle più diverse facoltà, provenienti da quasi 250 atenei di 50 Paesi di tutto il mondo. Sono intervenuti Andrea Bairati, assessore alla Ricerca e Università della Regione Piemonte, Ezio Pellizzetti, rettore dell’Università degli Studi di Torino, Alberto Capatti, rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Colorno, l’economista francese Serge Latouche dell’Università di Paris Sud, il peruviano Jiefar Emerio Diaz Navarro, rettore dell’Università Guillermo Urrelo di Cajamarca, l’antropologa americana Carole Counihan dell’Università di Millersville e Carlo Petrini, presidente della Fondazione Terra Madre. Moderatrice Cinzia Scaffidi, responsabile del Centro Studi Slow Food, che ha introdotto l’incontro sostenendo che, poiché Terra Madre è un fenomeno anomalo, complesso e innovativo, il compito di quest’anno è «sdoganare la complessità e il disordine indispensabili per l’esistenza». Avendo gli accademici accesso a un pubblico più vasto dei contadini, deve essere loro il compito di attirare l’attenzione dei politici per far sì che si difendano i valori di “buono, pulito e giusto” propugnati da Slow Food.
Carlo Petrini, pur ammettendo che 250 docenti sono solo una piccola rappresentanza del mondo universitario, si è mostrato fiducioso del risultato finale. Poiché non si è mai visto un confronto tra contadini, cuochi e università, questo «spariglia le carte, rompe il gioco e le regole indiscutibili» e forse servirà a cambiare l’atteggiamento di superiorità del mondo accademico nei confronti di quello rurale: i contadini sono sempre stati guardati con sufficienza perché incolti, perché privi del sostegno della politica e perché «vilipesi dalla religione dell’economia» che li considera sconfitti dalla storia. Eppure, dall’innata visione olistica contadina, per Petrini c’è solo tanto da imparare. Tre i metodi che i docenti convenuti a Terra Madre dovranno adottare nei confronti dei contadini: ascolto, archiviazione, costruzione insieme dei saperi.
Ezio Pellizzetti, che ha fatto un interessante excursus sui problemi legati all’ambiente, ricordando il 500° anniversario della laurea torinese di Erasmo da Rotterdam, ha indicato Carlo Petrini come perfetta sintesi dei due capolavori del filosofo olandese, l’Elogio della pace e l’Elogio della follia.
Alberto Capatti ha sottolineato come l’Università di Scienze Gastronomiche sia nata dalla necessità di risollevare l’idea di gastronomia, troppo spesso banalizzata dall’edonismo, e considerarla una scienza a tutti gli effetti.
Serge Latouche ha esordito dicendo di non voler parlare da universitario ma da rappresentante del movimento filosofico della Decrescita propugnato da Ivan Ilic, la quale affrontava già tempo prima diverse tematiche di Slow Food come la convivialità combinata alla sostenibilità. Latouche si è infine augurato che, come un tempo, le Università si facciano portatrici non solo del sapere scientifico ma anche di quello artigiano e tradizionale.
Jiefar Emerio Diaz Navarro, ricordando come durante l’impero Inca si adorasse la Madre Terra, ha sostenuto con forza la difesa della biodiversità, specie nel territorio che lui ben conosce, la Cordigliera delle Ande: un luogo così vario dal punto di vista geomorfologico che sarebbe impossibile, oltre che assurdo, adottare il sistema delle monocolture per soddisfare l’attuale economia di mercato. Importante la collaborazione tra contadini e cuochi (questi ultimi dovrebbero adottare più prodotti locali nella loro cucina), ma anche fondamentale l’interazione con il mondo accademico: la cooperazione reciproca è come se riunisse degli anelli a formare una catena.
Carole Counihan, ricordando quando da bambina recitava il ruolo di Cortez pensandolo un eroe per poi scoprire da adulta che quell’uomo era responsabile della distruzione della grande cultura dei nativi americani, ha esposto vari esempi di come le coltivazioni intensive abbiano distrutto la biodiversità e portato malattie.

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