CHEESE 2005 – Scienza del formaggio e orizzonti della qualità

17 Sep 2005 | Italian

Scienza del formaggio e orizzonti della qualità ovvero, come ha esordito il prof. Giorgio Ottogalli – moderatore e relatore del secondo e ultimo convegno di Cheese – «non siamo solo cacciatori di farfalle». La conferenza, svoltasi questo pomeriggio all’Agenzia di Pollenzo, infatti, è nata dall’esigenza di dare il giusto valore alla ricerca e ai suoi attori, che tanto hanno contribuito e contribuiscono all’evoluzione della scienza di base applicata.
In quest’ottica, il parterre di ospiti dell’Università di Scienze Gastronomiche, che ha organizzato il convegno, vantava due esperti del settore, P. F. Fox e P. L. H. McSweeney del Department of Food and Nutritional Sciences dell’Università di Cork (Irlanda) che, insieme al prof. Tomaso Sozzi dell’Università di Bologna, hanno parlato di struttura, reologia, aspetti biochimici della stagionatura, tecnologia e microbiologia del formaggio, illustrando i più recenti risultati scientifici.

Interessante l’intervento di Pier Maria Toppino dell’Istituto Sperimentale Lattiero Caseario di Lodi, che ha incentrato la sua relazione sull’utilità e sulle possibilità di applicazione della scienza al ricco patrimonio caseario italiano. «Il formaggio tradizionale» ha spiegato Toppino «deve essere facilmente riconoscibile, ma soprattutto deve avere immagine e garanzia di qualità legate alla materia prima e a regole produttive note al consumatore, le quali, nel caso dei prodotti Dop, sono codificate e trascritte nei disciplinari di produzione. La loro definizione» ha precisato «non deve essere associata a una sorta di cristallizzazione del prodotto, per la necessità di portarlo nelle condizioni migliori al consumatore finale e per la sua difesa. Qui intervengono la ricerca e la scienza, che possono contribuire alla conoscenza dei processi di maturazione ma anche alla definizione ottimale delle tecnologie di produzione più consone al mantenimento delle caratteristiche nutrizionali, salutistiche e sensoriali, nel rispetto della tradizionalità.»
La difesa delle produzioni italiane sta anche nella loro maggiore possibilità di sviluppo, perché i risultati della ricerca aiuteranno il consumatore a distinguere tra prodotti naturali e contraffatti. In questa direzione si è orientato anche l’intervento di Giuseppe Zeppa (Università di Torino), che ha evidenziato come tutela e promozione dei prodotti tipici – formaggi in particolare – non può più prescindere dal supporto che le moderne tecnologie di analisi possono fornire sia per l’individuazione e la certificazione della provenienza sia per il controllo della qualità. E a questo proposito, tra le possibilità che la scienza mette a disposizione, vale la pena menzionare il “naso elettronico”, strumento che può caratterizzare l’impronta aromatica di un prodotto qualitativamente e quantitativamente, attraverso una tecnica semplice e rapida.
Tecnica illustrata ampiamente da Massimo Riva, dell’Università di Milano, che si è soffermato anche su alcuni interessanti risultati sperimentali, come ad esempio il riconoscimento delle differenze di aroma tra parmigiano-reggiano e grana padano grattugiati, l’autenticazione dell’asiago di allevo e la definizione della shelf life (durabilità) del formaggio fresco crescenza.

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