CHEESE 2005 – Fiore sardo dei pastori
18 Sep 2005 | Italian
Gesti antichissimi ripetuti per secoli e ancora oggi rimasti uguali. Questo il pensiero che ha percorso gli interventi di tutti i relatori che oggi sono intervenuti alla presentazione del nuovo Presidio Slow Food del fiore sardo dei pastori.
Il Presidio è nato per salvaguardare la produzione storica di fiore sardo nella sua zona di origine, alcuni piccoli comuni della Barbagia: Gavoi, Ollolai, Ovodda, Lodine, Fonni e Orgosolo (provincia di Nuoro). Qui esiste ancora una caseificazione artigianale portata avanti da una trentina di allevatori, che utilizzano in particolare pecore sarde e producono alcune decine di quintali di pecorino a latte crudo intero, senza l’utilizzo di innesti liofilizzati, con cappatura naturale e caglio autoprodotto. Piccoli quantitativi, se rapportati alle tonnellate di forme prodotte nei caseifici. Ma per riuscire a sopravvivere economicamente, questo tipo di attività agropastorale deve trovare un mercato e sbocchi nuovi, anche fuori dai confini regionali. E’ quanto ha sostenuto Roberto Cadeddu, Assessore alle Attività produttive della Provincia di Nuoro: «L’importante è che questo formaggio sia conosciuto anche fuori dalla nostra isola, conservando però la sua originalità, che risale a 3000 anni prima di Cristo, ai tempi della civiltà nuragica.»
Secondo Piero Sardo questa prospettiva è confortata dal fatto che lo stand della Sardegna, curato da Ersat, dove trova spazio un gruppo di produttori sardi, sta riscuotendo grande successo, e risulta essere la presenza istituzionale più visitata dell’intera manifestazione.
Durante la conferenza è stato proiettato il film documantario Voci della montagna di Antonello Carboni, vero e proprio saggio di antropologia culturale, illustrato dall’autore stesso che ha fornito interessanti informazioni sul linguaggio cinematografico usato per raccontare una realtà viva ancor oggi, ma con una forte caratterizzazione arcaica, quasi primordiale. Le fasi di produzioni del fiore sardo dei pastori sono state filmate dal momento in cui si raduna il gregge per la mungitura fino all’ultimo atto con cui si mettono le forme a riposare per la stagionatura in cantina, come minimo per 105 giorni. I gesti antichi del casaro mentre con grande delicatezza sospinge in basso la cagliata all’interno della caldaia di rame e poi con infinita pazienza la modella all’interno delle fascere facendone scolare il siero sono resi con tale efficacia da suscitare commozione.
Il produttore Antonio Vacca, uno dei più anziani del gruppo del Presidio, ha confermato al pubblico che la tecnica fondamentalmente è rimasta la stessa del film, anche se l’adeguamento alle norme igieniche ha obbligato i pastori a ristrutturare, spesso con eccessivi oneri, i propri piccoli caseifici. Il Presidente del Consorzio del fiore sardo dop Francesco Rubanu ha fatto presente a questo proposito che il formaggio a latte crudo, se stagionato oltre i sessanta giorni, dà tutte le garanzie dal punto di vista sanitario, non essendoci più pericoli legati alla proliferazione di batteri nocivi per l’uomo. Ha perciò auspicato da parte delle autorità sanitarie una interpretazione intelligente della legge e dei regolamenti, che non vada a vessare inutilmente i pastori, custodi di questo antico saper fare.
Una curiosità: tra il pubblico era presente anche l’ambasciatore dello Zimbabwe. Il comune di Orune infatti sta realizzando un progetto di solidarietà con pastori africani, i quali attualmente non possiedono la tecnica per caseificare il latte delle loro pecore. I colleghi sardi li hanno ospitati per un periodo, con il supporto del Gal Barbagia Mandrolisai, oggi rappresentato dal Presidente Battista Podda, insegnando loro la tecnica casearia con l’intento di renderli capaci di svolgere un’attività economicamente produttiva, che li aiuti a vivere dignitosamente e a conservare il loro stile di vita tradizionale.
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