“Alla scoperta dei Presìdi Slow Food”

23 Mar 2005 | Italian

Nell’ambito delle iniziative di valorizzazione dei Presìdi Slow Food del Veneto sostenute da Veneto Agricoltura e Regione Veneto, il workshop “Alla scoperta dei Presìdi Slow Food” ha la finalità di far meglio conoscere questa importante realtà al mondo della ristorazione e della gastronomia veneta.
Rivolto in particolare a chef e operatori del settore, affinatori, gestori di negozi di specialità gastronomiche o enoteche è realizzato con la collaborazione di Camera di Commercio di Padova e Provincia di Padova, e gli appuntamenti in programma sono stati ideati per permettere ai partecipanti l’esperienza diretta dei prodotti e il contatto con i produttori.

I Presìdi Slow Food sono progetti di salvaguardia di piccole produzioni tradizionali a rischio di estinzione che Slow Food ha avviato in Veneto a partire dal 2000. Oggi i Presìdi veneti sono 11 e coinvolgono oltre 140 produttori. Pescatori e casari, coltivatori di granoturco e risicoltori, allevatori e ortolani: una piccola avanguardia che produce ancora oggi secondo tradizione e con l’obiettivo coraggioso di continuare a lavorare per ottenere la migliore qualità.

Programma del workshop

Ore 17
I Presìdi Slow Food e la tutela della biodiversità
Presentazione del progetto sulla biodiversità di Slow Food – relatore Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità – Onlus
Ore 18
Laboratorio del Gusto sui formaggi dei Presìdi Slow Food del Veneto: Morlacco del Grappa, Formaggio agordino di malga, Monte Veronese di malga e Stravecchio di malga dell’Altopiano dei Sette Comuni
Ore 20
Buffet con cinque Presìdi Slow Food
Renzo Dal Farra del ristorante Locanda San Lorenzo di Puòs d’Alpago (Bl) proporrà una personale interpretazione della gallina Padovana e dell’agnello d’Alpago con l’accompagnamento della patata dolce di Anguillara, del mais Biancoperla, del riso di Grumolo delle Abbadesse e dell’oca in onto. Un relatore di Slow Food, unitamente ai produttori, illustrerà le caratteristiche dei prodotti e gli abbinamenti più interessanti.

I vini per il Laboratorio e per il Buffet sono offerti dall’azienda La Montecchia di Selvazzano Dentro e dalla Cantina Beato Bartolomeo da Breganze.

Al termine del workshop, esposizione dei prodotti dei Presìdi Slow Food nella galleria del chiostro della Corte Benedettina. Il mercato dei Presìdi non è aperto al pubblico.

E’indispensabile la prenotazione da effettuarsi entro il 25 marzo al tel. 041 436050 (orario ristorante) – Slow Food Veneto
La partecipazione è gratuita.

I Presìdi Slow Food del Veneto

Agnello d’Alpago
Di taglia medio-piccola, è una razza autoctona senza corna e con orecchie piccoline. Ha un profilo montonino, una curiosa maculatura scura sulla testa ed è ricoperta interamente da un mantello folto, fine e ondulato. L’agnello d’Alpago ha una carne tenerissima, con un giusto equilibrio fra grasso e magro e sensazioni di erbe aromatiche.

Carciofo Violetto di Sant’Erasmo
Tenero, carnoso, allungato, spinoso e dalle bratte violette, il carciofo di Sant’Erasmo si coltiva sull’omonima isola della laguna di Venezia. Si mangia crudo (e le castrare, il primo germoglio, sono una vera delizia) oppure fritto in pastella, alla grega, rosolato e servito freddo con limone, maritato con le schie (gamberetti di laguna), e così via.

Formaggio agordino di malga
In quest’area del Veneto esiste ancora un’importante presenza di malghe attive durante i mesi estivi. La tipologia dei formaggi è quella della classica toma semigrassa di montagna, fatta con latte di vacca ed eventuali aggiunte minime di capra o pecora. E’ un formaggio destinato a lunghe stagionature ed esistono ancora ambienti naturali dove matura per sei, otto mesi.

Gallina Padovana
Ha una lunga barba, favoriti sulle guance e un ciuffo di penne lunghe e lanceolate che si aprono a corolla sugli occhi. Può essere nera, bianca, dorata, camosciata o argentata. Giacomo Dondi dall’Orologio, medico e astronomo padovano, nel Trecento, durante una visita in Polonia, ne avrebbe preso alcuni capi per arredare il giardino della sua villa gentilizia. La preparazione più classica è la gallina a la canèvera.

Mais Biancoperla
Fino al secondo dopoguerra nel Polesine e nel trevigiano si cucinava una polenta bianca. Considerata di maggior pregio, divideva la pianura e la collina dalla montagna, dove era diffusa quella gialla, più rustica. Il mais utilizzato era ed è il Biancoperla, una popolazione locale oggi sempre meno coltivata. Le pannocchie sono affusolate con grandi chicchi vitrei, bianco perlacei e brillanti. La polenta bianca è insuperabile con i piatti di pesce povero: marson, schie, moeche, masenete, gamberi, baccalà.

Moleche
La produzione di moleche è unica in Italia e forse nel mondo. Con questo termine si indicano nella laguna veneta i granchi in fase di muta, quando, cioè, nei mesi primaverili di aprile e maggio, e autunnali, da ottobre a novembre, perdono il loro rivestimento (carapace) e si presentano teneri e molli, da qui il nome. Le moleche si mangiano vive, leggermente infarinate e fritti nell’olio.

Monte Veronese di malga
Fino a oggi però il formaggio prodotto con il prezioso latte dei pascoli estivi dei Monti Lessini non era valorizzato, anzi il latte normalmente veniva mescolato con quello prodotto in pianura per produrre il Monte Veronese Dop: in questo modo si rischiava di perdere completamente le poche malghe rimaste, con gravi rischi per l’ecosistema della montagna. Il Presidio seguito dal Consorzio del Monte Veronese riguarda appunto le forme prodotte con latte d’alpeggio.

Morlacco del Grappa e vacca Burlina
I pastori del Monte Grappa usavano fare un formaggio di latte vaccino tenero, magro, a pasta cruda che prendeva il nome dalla loro terra d’origine: la balcanica Morlacchia. Il latte era quello delle vacche Burline, unica razza bovina del Veneto, che sta rischiando di scomparire. Oggi il Morlacco è prodotto ancora in alpeggio con il latte scremato della mungitura serale al quale si aggiunge quello intero munto il mattino. Dopo 15 giorni è pronto, ma può essere consumato fino a tre mesi.

Oca in onto
Un tempo nelle campagne venete si producevano salumi, prosciutti e, utilizzando tutte le parti del volatile, una particolare conserva: l’oca in onto. Si preparava in ogni famiglia e serviva per conservare per molti mesi la carne di oca. La ricetta è semplice: dopo aver macellato l’animale, lo si taglia in piccoli pezzi che si ripongono sotto grasso in orci di terracotta o vetro. Al bisogno si preleva una piccola quantità per fare sughi o arrosti.

Riso di Grumolo delle Abbadesse
A Grumolo delle Abbadesse, un piccolo comune tra Vicenza e Padova, il riso è stato introdotto dalle monache benedettine e si coltiva dal ’500. Alle badesse si deve la bonifica dei terreni, il prosciugamento delle paludi e la costruzione dei canali. Il Vialone Nano di Grumolo ha chicchi minuscoli, ma la qualità, grazie alla caratteristiche del terreno e delle acque, è eccellente: si gonfia molto con la cottura e assorbe molto bene i condimenti.

Stravecchio di malga dell’Altopiano dei Sette Comuni
Il Presidio riguarda lo stravecchio d’allevo (di 19 mesi e oltre), un prodotto rarissimo, che offre una straordinaria complessità di gusti, sapori e aromi e che si produce nelle 27 malghe ancora attive sull’Altopiano dei Sette Comuni. I suoi profumi vanno dall’erba sfalciata alla frutta matura, al muschio. In bocca è dolce e via via tende al pungente, alla nocciola tostata, al pane grigliato.

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