Oltre 50 delegati dai cinque continenti riuniti nella sede dell’Università di Scienze Gastronomiche hanno rinnovato il Consiglio di Amministrazione, il più importante organo decisionale dell’organizzazione, affidando alla nuova leadership il compito di guidare Slow Food attraverso le numerose sfide che la produzioni di cibo ci pone davanti che sono ambientali, climatiche, politiche e sociali. Contestualmente, il Consiglio di Amministrazione ha nominato il nuovo presidente. Il movimento Slow Food coinvolge attualmente 160 paesi nel mondo. I delegati riuniti a Pollenzo hanno anche deliberato il passaggio dalla forma associativa a quella di Fondazione di partecipazione Ets, riconosciuta dallo stato italiano come ente del terzo settore, che permette la partecipazione di una pluralità di soggetti, sia pubblici che privati, che ne condividono le finalità. Un rinnovamento del movimento internazionale iniziato durante il Congresso internazionale del 2017 a Chengdu proprio per andare oltre il modello associativo e rendere Slow Food più aperto e inclusivo con l’obiettivo di affrontare nel modo migliore le sfide odierne rispettando le diversità di tutti i territori in cui il movimento è attivo.
«Emerge in maniera sempre più forte e chiara il ruolo del cibo come responsabile principale del disastro ambientale. Il nostro movimento, impegnato da trent’anni a garantire l’accesso al cibo buono, pulito e giusto per tutte e tutti, deve avere il coraggio di assumere un ruolo politico di primo piano nel frenare questa deriva dai risvolti catastrofici – dichiara Carlo Petrini –. Abbiamo bisogno di una governance che lasci spazio alle nuove generazioni, dobbiamo avere la capacità di coniugare il nuovo con la storia, di avere coscienza che il percorso fatto fino a oggi ha permesso il conseguimento di obiettivi che sembravano irraggiungibili, permettendoci di essere ciò che siamo. Il mondo di oggi è però profondamente diverso da quello degli inizi del nostro movimento: c’è quindi bisogno di farci affiancare e indirizzare dalla creatività e dall’intuizione di soggetti nuovi capaci di interpretare il presente, per poi delineare la traiettoria che consentirà il raggiungimento di traguardi futuri».
La nuova leadership di Slow Food, assunta da Edward Mukiibi, origina proprio da queste premesse. Mukiibi è un giovane agronomo ed educatore ugandese, nato lo stesso anno in cui è stato fondato il movimento Slow Food: il 1986, l’anno delle proteste contro l’apertura di McDonald’s a Roma. Ha ricoperto il ruolo di vicepresidente di Slow Food dal 2014 fino a oggi.
Mukiibi è nato nella zona di Kisoga, un’area distante una quarantina di chilometri dalla capitale dell’Uganda Kampala, un tempo rurale e votata all’agricoltura per via dei terreni fertili e divenuta negli ultimi decenni un importante centro di commercio. La sua famiglia gestisce da sempre una fattoria e Mukiibi ha, fin da giovane, voluto proseguire l’attività dei suoi genitori. La nomina odierna a presidente di Slow Food è il riconoscimento a un lavoro lungo anni, nel solco della sostenibilità, e simbolo della capacità e della volontà di dar forma al futuro dell’agricoltura rigenerativa.
«È il momento giusto per ricostruire, rafforzare e rinnovare. Anche le più piccole azioni messe in campo dalle nostre comunità sono portatrici di una speranza concreta e generano un impatto positivo sulle nostre vite, perché siamo una famiglia globale: ciò che riguarda uno di noi riguarda tutti, indipendentemente dalle differenze geografiche, sociali e culturali. Come Slow Food, è importante essere coscienti del fatto che una piccola azione intrapresa a livello locale può avere un impatto enorme altrove – sottolinea Edward Mukiibi –. Vorrei esortare ciascuno di noi a lavorare con lo stesso spirito di resilienza dimostrato durante la pandemia, con lo stesso senso di appartenenza e solidarietà, al fine di coinvolgere sempre più persone nelle nostre attività. Lo scopo rimane lo stesso: dar vita a un sistema alimentare che garantisca cibo buono, pulito e giusto a tutti. È questo il nostro ruolo comune, abbracciamolo con convinzione».
Agronomo con una laurea triennale in Agricoltura e gestione del territorio conseguita presso la Makerere University di Kampala (Uganda) e un Master in Gastronomia all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Italia), Edward Mukiibi è un educatore nel campo dell’alimentazione e dell’agricoltura ed è impegnato nella diffusione e promozione di progetti sociali in questi ambiti.
Il lavoro di Edward Mukiibi, volto a promuovere un sistema alimentare sostenibile, equo e giusto, ha ottenuto diversi prestigiosi riconoscimenti: tra questi, il premio per la sostenibilità Ray Charles Black hand in the pot della Dillard University di New Orleans e una onorificenza da parte del Consiglio comunale della città di Detroit, negli Stati Uniti. Edward Mukiibi, inoltre, è stato incluso nella categoria Educatori della classifica 50 Next Awards dalla rivista Forbes, che ha individuato gli under 35 anni che stanno plasmando il futuro della gastronomia.
Il Congresso ha rinnovato anche il Consiglio di Amministrazione di Slow Food. Ne fanno parte sette persone, quattro donne e tre uomini provenienti da diversi angoli del mondo, un gruppo che è il riflesso della ricca diversità che da sempre contraddistingue il movimento. Del Consiglio di Amministrazione fa parte il presidente, Edward Mukiibi, mentre Carlo Petrini è membro di diritto in qualità di fondatore.
Di seguito un breve profilo per ognuno dei nuovi componenti del Consiglio e una breve dichiarazione in merito al proprio impegno alla guida di Slow Food.
Marta Messa, Segretario generale
Dirige l’ufficio di Slow Food a Bruxelles. Lavora per l’associazione dal 2010, inizialmente coordinando il progetto Orti in Africa e successivamente spostandosi nella città belga dove vive dal 2014. Insieme ai colleghi di Bruxelles, si occupa di advocacy a livello europeo: da un lato mantiene i contatti con i rappresentanti delle istituzioni comunitarie a proposito di tutte le politiche che riguardano il cibo, dall’altro si occupa di rafforzare la rete di relazioni strategiche con altre organizzazioni attive a livello europeo.
Grazie ai suoi studi e al suo percorso professionale – a cominciare dal periodo trascorso allo United World College di Londra fino alle esperienze in Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Guatemala, Belgio, Italia e in nove paesi del continente africano – Messa ha sviluppato una profonda comprensione della comunicazione interculturale. Parla fluentemente cinque lingue.
«Negli oltre dieci anni trascorsi a Slow Food ho imparato molto riguardo alle peculiarità del nostro movimento: lo abbiamo visto chiaramente in tutti questi anni, anche durante la pandemia. Oggi è il momento di celebrare gli straordinari risultati del lavoro di Carlo Petrini e di accogliere la nuova leadership di Edward Mukiibi, consapevoli che siamo pronti a crescere ancora. Il nostro obiettivo è continuare a lottare per il diritto di ogni singolo individuo a un cibo buono, pulito e giusto, valorizzare l’incredibile ricchezza di conoscenza delle comunità sparse in tutto il mondo e promuovere l’adozione di sistemi alimentari sostenibili».
Richard McCarthy (Stati Uniti d’America)
È il co-fondatore del Crescent City Farmers Market e di Market Umbrella, organizzazione no profit e non governativa attiva fin dagli anni Novanta nell’area di New Orleans, negli Stati Uniti. È stato direttore esecutivo di Slow Food USA per diciotto anni e da sei anni ne è al timone. McCarthy fa parte del Comitato esecutivo di Slow Food dal 2013 ed è membro di Slow Food dal 1998. Attivista di lunga data, è promotore dello sviluppo delle connessioni tra città e campagna: ha co-fondato Voice for Farmers Markets negli Stati Uniti, la Farmers Market Coalition e la World Farmers Market Coalition.
Nel 2020, McCarthy si è unito ad altri personaggi di spicco nel campo dei mercati contadini, tra cui l’HealthBridge Foundation in Canada e il New York City’s Project for Public Spaces, per promuovere un approccio ecosistemico a queste realtà: si tratta di Market Cities. In Italia è stato promotore di Let it Bean!, un’iniziativa della rete tematica Slow Beans in collaborazione con Meatless Monday e il Centre for Livable Future della Johns’ Hopkins University negli Stati Uniti.
«In che modo possiamo coinvolgere le persone, giorno dopo giorno, nel movimento Slow Food? Penso che lo sviluppo delle reti tematiche sia una risorsa strategica. Le reti, infatti, coinvolgono diverse tipologie di persone, con interessi e sensibilità differenti, in grado di incidere sui sistemi alimentari innescando processi di cambiamento attraverso lo scambio reciproco e la collaborazione. Sono convinto che le reti tematiche siano un’opportunità di sperimentare nuove forme e occasioni di aggregazione all’interno di Slow Food».
Dali Nolasco Cruz (Messico)
Fa parte della popolazione indigena dei Nahua di Tlaola Pueba, è fondatrice e membro del Network of Indigenous Women’s Organizations of Tlaola, Mopampa, Timo’Patla and Yoltik. Fin da giovane, Dali si è impegnata all’interno della propria comunità, in particolare nel coinvolgimento dei gruppi di donne indigene. Si è laureata prima alla facoltà di Psicologia dell’Università autonoma di Puebla, e successivamente in Popoli indigeni, diritti umani e cooperazione internazionale all’Università Carlos III di Madrid. Dal 2018, Dali è membro attivo di Slow Food. Nel 2016 è entrata a far parte dell’advisory board della rete Indigenous Terra Madre per occuparsi dei temi che riguardano i popoli indigeni a livello internazionale. Nel 2017, è stata nominata coordinatrice della rete Indigenous Terra Madre per l’America Latina e i Caraibi.
Dali Nolasco Cruz vanta una lunga esperienza in tema di diritti umani, femminismo e questioni di genere, come anche in interculturalità, alimentazione ed economia sociale, che ha condiviso attraverso processi di formazione in diverse organizzazioni di donne indigene.
«I popoli indigeni sono un esempio di resilienza e di difesa della vita sulla Terra: sono depositari di conoscenze ancestrali. Le donne e i giovani indigeni di tutto il mondo lottano per il riconoscimento del loro ruolo di custodi dei sistemi alimentari, del suolo e della biodiversità. La rigenerazione di Slow Food rappresenta l’opportunità per rafforzare quella spinta collettiva che costituisce la forza del nostro movimento e confermarci come l’organizzazione di riferimento nelle questioni alimentari a livello globale».
Jorrit Kiewik (Paesi Bassi)
Cresciuto in una piccola fattoria di Lonneker, nei Paesi Bassi, fin dall’infanzia ha assistito la propria famiglia nella produzione artigianale di pane, formaggi e salumi. Dopo la laurea in Imprenditorialità Agricola all’Università di Scienze Applicate Aeres, a Dronten, ha frequentato il master in Comunicazione, Salute e Life Science all’università di Wageningen. Kiewik si è occupato di “The Milk Story”, un progetto che punta a rendere gli allevamenti olandesi più sostenibili e a creare un legame più solido tra produttori e consumatori.
Nel 2016 ha preso parte al progetto “We Feed the Planet” di Slow Food Youth Network (SFYN) a Milano, dopo di che si è iscritto alla SFYN Academy olandese, diventando direttore di SFYN Paesi Bassi. Dopo il congresso di Chengdu ha fondato l’ufficio SFYN Global e dal 2019 è impegnato a far crescere la rete globale dei giovani attivisti di Slow Food. Kiewik è anche membro del comitato direttivo dello Young Professionals for Agricultural Development (YPARD) ed è segretario dell’AMANI Project, una squadra internazionale di ciclismo che promuove l’inclusività e offre opportunità per i ciclisti che vivono nell’Africa orientale.
«Sono nato 20 anni dopo la pubblicazione del rapporto I limiti dello sviluppo da parte del Club di Roma e sono cresciuto nel bel mezzo della crisi climatica. In questi 30 anni ho toccato con mano i terribili effetti sul pianeta della perdita di biodiversità. La mia generazione, così come le generazioni che verranno, sta subendo l’immobilismo di chi ha governato negli ultimi cinquant’anni. Credo Slow Food abbia la chiave giusta per invertire le sorti di questa sfida. Sono convinto che il nostro movimento, unendo produttori e consumatori, e tutti coloro che fanno parte del processo produttivo e distributivo del cibo, possa cambiare il mondo. Sono onorato di far parte di questa sfida e non vedo l’ora di cominciare a lavorare con questo network globale di attivisti che operano sui territori. Cambiando il sistema alimentare, un passo alla volta».
Megumi Watanabe (Giappone)
Laureata in Educazione presso la Waseda University di Tokyo, è entrata in Slow Food già durante gli anni universitari, quando insieme ad alcuni colleghi ha lanciato la Slow Food Youth Network Japan. Nel 2014 si è trasferita in Italia per frequentare un Master all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Ha lavorato in ristoranti e agriturismi, sia in Giappone sia all’estero, accumulando esperienza nei settori della gastronomia, della produzione agricola e dell’accoglienza. Dopo aver fatto ritorno in Giappone nel 2016, ha avuto un ruolo centrale nell’avvio di Slow Food Nippon, di cui è presidente dall’aprile del 2019.
Vive con suo marito, agricoltore biologico, e ha due figli. Megumi Watanabe parla e lavora in altre tre lingue oltre al giapponese: inglese, coreano e italiano.
«Mi preme sottolineare un tratto distintivo dell’identità di Slow Food: l’importanza della convivialità, della gioia legata all’alimentazione. Abbiamo bisogno di rigenerare le relazioni tra chi fa parte del movimento e anche con le persone che invece non sono ancora coinvolte, per diventare per davvero una “voce collettiva”. Quello di Slow Food è un movimento che guarda all’umanità intera, perciò dobbiamo fare lo sforzo di andare oltre i nostri confini odierni, uscire dalla nostra zona di comfort».
Francesco Sottile (Italia)
Agronomo e professore all’Università di Palermo, dove insegna Biodiversità e Qualità del Sistema Agroalimentare e Tutela e Valorizzazione del Paesaggio Rurale. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche, coordina le attività dei Centri di Conservazione della Biodiversità ed è membro del Gruppo di lavoro per la biodiversità agricola del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e della nuova EU Biodiversity Platform.
Dal 2000 è consulente scientifico per i progetti di Slow Food che riguardano la biodiversità in tutto il mondo e supporta il lavoro di Slow Food occupandosi di visite sul campo e laboratori di formazione, lavorando a stretto contatto con agricoltori e produttori. Ha fatto parte del Comitato esecutivo di Slow Food Italia tra il 2018 e il 2021.
«Se la biodiversità è stata il nostro obiettivo per trent’anni, oggi lo sforzo di rigenerazione deve riguardare anche il nostro approccio alla biodiversità stessa. Abbiamo detto molte cose giuste in passato, abbiamo sostenuto una rete internazionale in grado di dimostrare quanta biodiversità c’è nei territori del pianeta e quanta ne stiamo perdendo e ne perderemo se non troviamo la chiave della conservazione attraverso le comunità rurali. Oggi dobbiamo sostenere la transizione ecologica, mitigare il cambiamento climatico, rigenerare le risorse naturali e le aree rurali combattendo la povertà e restituendo la sovranità alimentare alle comunità agricole. Dobbiamo fare ogni sforzo affinché la biodiversità e l’agroecologia siano al centro delle politiche alimentari e dimostrare che dalla diversità nasce la resilienza».
Nina Wolff (Germania)
Ha studiato filosofia e legge in Germania e Francia e frequentato un dottorato di ricerca in Legge ambientale europea e internazionale (2002). Ha lavorato come ricercatrice associata al Centro di Ricerca Ambientale di Lipsia, come project manager e consulente per diverse ong tra cui la Environmental Action Germany e la U.S. Pew Charitable Trusts, occupandosi in particolare di biodiversità e conservazione ittica e marina.
Nel luglio del 2019, Wolff è diventata vicepresidente di Slow Food Germania e da luglio 2020 è presidente ad interim. Attualmente fa parte del Consiglio internazionale di Slow Food.
«Il mondo ha bisogno di una guida che mostri l’irrimandabile urgenza di rallentare e accresce la nostra responsabilità di far sentire la voce di Slow Food nel mondo. Nell’attuale periodo di crisi e di continue violazioni dei diritti umani, dobbiamo dare ancor più rilievo alla dimensione politica del nostro lavoro: fare advocacy è il modo in cui concretizziamo il sentito bisogno di giustizia alimentare che vive dentro di noi. Noi di Slow Food che viviamo nel Nord del mondo, ad esempio, abbiamo il dovere di far comprendere a tutti gli effetti del sistema alimentare odierno nell’emisfero meridionale. Questo gruppo di lavoro è una grande squadra composta da persone affidabili e impegnate: siamo pronti a servire il movimento».
«Rimanere uniti come rete e come movimento è fondamentale per avere un impatto duraturo sul sistema alimentare che è diventato un fardello insopportabile per il pianeta», conclude Edward Mukiibi, che si appresta a vivere il suo primo evento da presidente, Terra Madre Salone del Gusto a Torino dal 22 al 26 settembre: «L’evento e il claim scelto per la manifestazione, #REGENERACTION, simboleggiano un momento di nuove, grandi aperture per la rete globale di Slow Food».
Terra Madre Salone del Gusto, il più importante evento internazionale dedicato alle politiche alimentari, all’agricoltura sostenibile e all’ambiente, accoglierà migliaia di persone a Torino ma sarà anche online: un appuntamento ibrido, pensato per consentire ad appassionati, attivisti e curiosi di tutto il mondo di unirsi alla rigenerazione promossa da Slow Food.
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