PLANT THE FUTURE. Rispetta gli animali, proteggi il pianeta.
30 Ott 2023 | English
Slow Food individua sei elementi fondamentali al cuore del nuovo report sul processo partecipativo presentato all’evento Slow Beans a Capannori, che traccia il percorso per arrivare alla strategia futura del movimento
Il report sul processo partecipativo appena presentato da Slow Food dà voce alla rete del movimento e presenta i risultati della discussione globale tra produttori, pescatori, artigiani del cibo, popoli indigeni, cuochi, giovani, educatori e attivisti sul tema della transizione verso una dieta sana e ricca di prodotti di origine vegetale che favorisca l’agroecologia e la pesca artigianale. “È ora di dirlo ad alta voce: sappiamo tutti che l’aumento del consumo di cibi industriali di origine animale degli ultimi decenni ha danneggiato la sicurezza alimentare e la salute umana, è disastroso per il benessere animale e ha fortemente contribuito all’emergenza climatica”, commenta Richard McCarthy, membro del Consiglio di Slow Food. “Dobbiamo agire e dobbiamo farlo subito. Il sistema alimentare è una delle cause principali della perdita di biodiversità, delle emissioni e dell’inquinamento, soprattutto se pensiamo agli impatti dell’allevamento industriale e della pesca intensiva su ambiente, salute pubblica, sovranità alimentare, diritti degli animali e molto altro”. Ciò che Slow Food sta cercando di fare, soprattutto con la stesura di questo report, è elaborare una visione più ampia a sostegno dell’agroecologia. “In questa prospettiva, dobbiamo ricordare che una percentuale significativa della popolazione mondiale non ha accesso a cibo prodotto in modo sostenibile e artigianale. Il nostro intento è dare voce ai segmenti più marginalizzati della popolazione e puntare i riflettori sulle esigenze che esistono a livello locale”, aggiunge Francesco Sottile, membro del Consiglio di Slow Food. Nel report Plant the Future, emerge la voce della rete di Slow Food sui temi più attuali: dall’allevamento e la pesca intensivi all’uso dei pesticidi, dalla sovranità alimentare alla salute pubblica. “La soluzione è l’agroecologia, intesa come approccio olistico e integrato che applica contemporaneamente concetti e principi ecologici e sociali alla definizione e alla gestione di sistemi agricoli e alimentari sostenibili”, conclude. Più che proporre un semplice insieme di pratiche agricole, Slow Food, con altre organizzazioni della società civile, crede che l’agroecologia possa svolgere un ruolo importante per trasformare le relazioni sociali, dare potere alle comunità locali e privilegiare le filiere produttive corte.
La risposta di Slow Food
Per introdurre un argomento politico sensibile nel movimento e iniziare a definire la priorità delle azioni, Slow Food ha avviato un processo partecipativo all’interno della rete per raccoglierne le conoscenze di prima mano sulla situazione in ogni contesto locale specifico. Sono state organizzate tredici tavole rotonde a marzo e aprile 2023, con la partecipazione di oltre 200 persone da circa 50 paesi, in rappresentanza di ogni continente e gruppo di interesse specifico. Durante le sessioni sono stati discussi i temi più urgenti relativi all’allevamento e alla pesca in diverse aree del mondo, le possibili soluzioni e le priorità su cui Slow Food si impegna a lavorare, in base alle esigenze della rete locale.
“L’obiettivo del report è fornire un’analisi degli esiti del processo partecipativo, che rifletta e comprenda le voci di una pluralità globale, anche quelle di gruppi spesso tenuti ai margini del dibattito. Questi esiti saranno usati per elaborare la nuova strategia di Slow Food per affrontare i problemi emersi, tenendo conto della diversità dei contesti e delle priorità locali e definire un calendario fino al prossimo Congresso Internazionale, previsto nel 2026”, commenta Ottavia Pieretto, Slow Food Program Officer. “I risultati a cui è arrivato il processo riflettono la complessità e la diversità della rete Slow Food in tutto il mondo. È emerso che non esiste un unico percorso da seguire per contrastare l’allevamento industriale e la pesca intensiva a favore dell’agroecologia: le soluzioni devono essere modellate a seconda del contesto ambientale, sociale ed economico locale”.
No all’allevamento intensivo e alla pesca intensiva. Sì all’agroecologia
Gli alimenti “di origine vegetale” a cui fa riferimento la rete Slow Food escludono i prodotti alimentari altamente trasformati, normalmente ottenuti a partire da monocolture intensive e che non contengono alcuna informazione sull’uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici. È importante evidenziare che la dieta ricca di prodotti vegetali che sosteniamo prevede alimenti di origine animale, provenienti da allevamenti agroecologici, con l’aggiunta di grandi quantità di verdura, frutta, legumi, frutta a guscio, ma anche funghi e alghe, che contribuiscono a un’alimentazione più sana. La rete Slow Food ha anche chiesto a gran voce di favorire l’acquisto di alimenti di origine animale provenienti da sistemi agroecologici, ad esempio sostenendo gli allevatori, i pescatori e i casari che ogni giorno ne seguono e praticano i principi.
Nel contesto di questa riflessione, i legumi rappresentano una fonte preziosa di proteine e offrono una soluzione a tante delle sfide che dobbiamo affrontare. La loro coltivazione, se segue metodi agroecologici, ha un ridotto impatto ambientale rispetto ai prodotti industriali di origine animale o alle coltivazioni industriali di legumi, grazie alle minori emissioni di gas a effetto serra e all’utilizzo inferiore di acqua e suolo. Meritano di essere visti come componente prezioso e arricchente della nostra dieta, e non solo come sostituti di prodotti di origine animale. Ecco perché Slow Beans, l’evento che si terrà a Capannori dal 27 al 29 ottobre, è l’occasione perfetta per presentare questo documento.
Il report Plant the future di Slow Food in 6 punti
- Agroecologia – Per la maggior parte delle comunità Slow Food, l’agroecologia è la chiave di volta per garantire l’accesso universale a una dieta ricca di nutrienti e rispettosa delle culture, preservare la biodiversità e le risorse naturali, affrontare la crisi climatica e restituire all’agricoltura e agli agricoltori un ruolo centrale nel sistema alimentare, garantendo la giustizia sociale e i diritti umani. È inoltre necessaria una formazione all’agroecologia a tutti i livelli.
- Consumo eccessivo – Le modalità di consumo di carne e derivati animali cambiano a seconda delle regioni del mondo: nella maggior parte del nord del mondo il consumo di prodotti industriali di origine animale è eccessivo, mentre a milioni di persone non è garantito il diritto al cibo.
- Accaparramento delle risorse – Le popolazioni del sud del mondo, così come i popoli indigeni, sono vittime di un processo di accaparramento delle risorse che tiene in vita il sistema industriale globale, basato ampiamente su prodotti industriali di origine animale la cui produzione dipende da mangimi importati.
- Esigenze locali – Non esiste una soluzione magica che possa essere attuata in tutti i paesi indiscriminatamente: è necessario elaborare approcci diversi alla luce dei problemi più urgenti in specifici contesti locali. Per affrontare adeguatamente i problemi legati alla crisi climatica, all’allevamento intensivo e alla pesca industriale, produttori alimentari, cuochi, giovani e decisori, a partire dal livello locale, sono stati identificati come attori fondamentali.
- False soluzioni: Nell’affrontare il tema dell’allevamento industriale, la rete Slow Food si oppone fermamente a “soluzioni” che nascono dagli stessi modelli industriali che hanno portato all’attuale sistema alimentare in crisi, come la carne coltivata, i prodotti altamente trasformati (anche se di origine vegetale) e la produzione industriale di insetti a scopo alimentare.
- Sforzo congiunto: Una lotta così complessa dev’essere uno sforzo collettivo, che metta insieme organizzazioni, centri di ricerca, università e autorità locali che condividono la stessa filosofia di pensiero.
Il processo partecipativo è stato possibile grazie alla collaborazione con Meatless Monday, un movimento globale che invita le persone a ridurre il consumo di carne per la propria salute e per la salute del pianeta, condotto in collaborazione con il Johns Hopkins Center for a Livable Future.
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